Siti per le scorie nucleari in Italia

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LECCE (di Valentina Anglani) La Sogin ha pubblicato la carta con i 67 siti di deposito per le scorie nucleari in tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, compresa la nostra Puglia.

Da quando nel 2011 l’Italia ha chiuso tutte le centrali nucleari, sono rimaste quantità immense di rifiuti nucleari da smaltire. Dopo tanti anni di attesa sono state pubblicate le zone ritenute “idonee” a questo smaltimento, scelte 5 anni fa secondo 25 criteri, approvate dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

È imprescindibile che questi siti siano in Italia, in quanto l’Unione Europea prevede che ogni nazione si occupi di smaltire i propri rifiuti ed è previsto che le stesse zone già selezionate contengano anche le scorie per i prossimi 50 anni.

“Nel Deposito Nazionale saranno sistemati definitivamente e in sicurezza circa 78.000 m3 di rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell’arco di 300 anni.”  scrive il sito ufficiale. È stabilito che questi siano smaltiti con quattro barriere: arriveranno al Deposito   Nazionale in contenitori metallici (manufatti), poi cementati all’interno di moduli di calcestruzzo, progettati per resistere 350 anni, a loro volta inseriti in celle di cemento armato, poi riempiti con collina artificiale, in modo da prevenire le infiltrazioni di acqua. Invece i rifiuti a media e alta attività saranno temporaneamente nel Complesso Stoccaggio Alta attività (collocato sullo stesso sito del Deposito Nazionale), per essere poi smaltiti anche essi in sicurezza.

Sarà realizzato anche un Parco Tecnologico, che comprenderà un centro di ricerca applicata e di formazione, aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere studi nel campo dello smantellamento delle installazioni nucleari, della gestione dei rifiuti radioattivi, della radioprotezione e della salvaguardia ambientale.

Oltre a quelli che dovrebbero essere i benefici in ambito medico-sanitario, si stima che il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico consentiranno di avere circa 4000 posti di lavoro annui.

Nonostante ciò è già partita una petizione per impedire l’installazione di queste strutture, in particolare in Puglia, già colpita dalla TAP, dalla struttura dell’ex ILVA di Taranto e della centrale termoelettrica a carbone di Cerano a Brindisi,  dove ciò comporterebbe disagi sia al turismo che agli stessi abitanti.