Il mansplaining: una violenza verbale

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Rubrica “Vox Mulieribus”

LECCE (di Sofia Martella) – Con il termine mansplaining , dall’inglese man “uomo” e explain “spiegare”,  si suole indicare quell’atteggiamento presuntuoso e arrogante che molti uomini assumono nei confronti delle donne, nel tentativo di sentirsi loro superiori  in qualcosa che non è stato richiesto. “Lascia stare, faccio io”, “Ora ti spiego io”, “Non ti riguarda” … Quante volte noi donne abbiamo sentito queste frasi? Frutto dell’ormai radicato patriarcato e dell’ingiustificabile maschilismo, sottomettono ancora di più la donna alla presunta superiorità maschile.

Questo concetto era stato già utilizzato in ambito razziale come whitesplaining, per indicare un uomo o una donna che spiegano qualcosa a una persona di colore, ritenendola intellettualmente inferiore. Nella lotta femminista è apparso grazie a Rebecca Solnit, giornalista e scrittrice che in un articolo del 2008, per il Los Angeles Times, intitolato “Men explain things to me, ha definito tale fenomeno una forma di discriminazione sessista o razziale, che corrisponde ad una vera e propria violenza verbale.

Pensiamo all’astronauta americana Jessica Meir. La donna sulla piattaforma Twitter scrive: “Per la prima volta sono andata a più di 19mila metri di altezza, la zona equivalente allo spazio, dove l’acqua bolle spontaneamente! Fortunatamente ho la tuta!”. A tale affermazione subito un uomo di nome Casey O’Quin replica: “Non direi spontaneamente. La pressione nella stanza è sotto la pressione del vapore dell’acqua a temperatura ambiente. Semplice termodinamica”.

L’uomo ha poi eliminato l’inopportuno commento per le molte critiche suscitate.

Il mansplaining è stato oggetto di vari studi, da cui è emerso che gli uomini interrompono le donne due volte, in maniera anche invadente, mentre le donne solo una, soprattutto per avere dei chiarimenti. Si tratta di un problema assai diffuso e difficilmente contrastabile. Sarebbe forse opportuno  insegnare sin dall’infanzia un corretto comportamento sociale, scelta però non sempre realizzabile in alcuni contesti.

Pertanto una linea guida per opprimere tale violenza, semplicemente con il dialogo, è stata proposta da Christina Knight, professionista nel settore delle questioni di genere svedese. A suo parere, a tali manifestazioni si dovrebbe rispondere così: “In questo momento mi stai parlando come se fossi una bambina o mi stai dicendo qualcosa di cui sono parecchio esperta e mi farebbe piacere se la prossima volta tu iniziassi la conversazione chiedendomi se mi interessa saperne di più, se ho bisogno di chiarimenti o se so già quello che mi serve sapere”.