L’autismo come la console per dj

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LECCE (di Sara Sergio) – Se proviamo a cercare la definizione della parola “autismo” su internet, troveremo circa 21.300 risultati in 0,5 secondi. L’enciclopedia “Treccani”, nella sezione “dizionario di Medicina”, ci dice che l’autismo è un disturbo neurocomportamentale” (detto anche sindrome di Kanner) di tipo pervasivo che interessa più aree dello sviluppo del bambino (comunicativa, sociale, cognitiva) tanto che, nell’accezione psicodinamica, si parla di un disturbo dello sviluppo del pensiero e dell’affettività.

Il termine autismo deriva dal greco autós (sé stesso) e indica l’autoreferenzialità, la negazione dell’altro, di ciò che è differente da sé e, quindi, la mancanza del senso della realtà. Potremmo semplificare il tutto affermando che, nel cosiddetto “spettro autistico”, ricadono tante tipologie di disturbi che presentano differenti gradi di gravità, come molteplici sono i sintomi che si possono riscontrare nei bambini che ne soffrono.

Per me, una persona affetta da autismo è qualcosa di totalmente diverso da ciò che riportano i manuali di Psicologia e di Medicina: il bambino autistico è come una console da dj. A tutti, durante una festa in discoteca, ma anche navigando in internet, sarà capitato di vederne una; ebbene, immaginate tutti quei tasti – volume, bassi, bilanciamento – che si possono alzare o abbassare, sono nella nostra mente, ed ognuno di noi, nella propria esperienza di vita, impara a regolarli in base alle proprie esigenze.

Facciamo un esempio: il neonato che piange perché ha fame regola il volume della sua voce al massimo, mentre la mamma che lo rassicura, abbasserà il tono della sua voce per renderlo dolce…. Nel soggetto autistico, tutti i tasti sono sistemati sul massimo. Ciascuno corrisponde ad una diversa sfera del comportamento: spesso le persone “autistiche” tendono a dimostrare immediatamente il loro stato d’animo, i loro sentimenti e le loro emozioni. Per esempio, se sono felici di vederci ci corrono incontro e ci abbracciano, oppure ci spintonano se non vogliono stare con noi o ancora non si avvicinano se pensano di non potersi fidare. Vale la stessa dinamica anche per la percezione delle cose: i rumori, il dolore, sono amplificati al massimo, così come tutto il resto.

Spesso ho visto i volti persone guardare bambini autistici con compassione, ma sono convinta che ciò sia sbagliato. Dovremmo al contrario ammirarli, soprattutto i loro genitori. Col passare del tempo mi sto rendendo conto di quanto sia difficile e complesso portare avanti la terapia di un figlio o comunque di un parente, come pure di tutti gli sforzi che si fanno, non sempre ripagati da risultati che ognuno di noi è portato ad immaginare… Ma anche un minimo miglioramento che si raggiunge ripaga di quanto si è sofferto per ottenerlo.

All’inizio, un po’ come tutti, quei bambini tendono ad essere molto diffidenti ma, col passare del tempo, vederli abbracciarti, sorriderti e regalarti qualche parola gentile, credo sia una delle soddisfazioni più grandi e uno dei regali più belli del mondo che si possa ricevere.