75 anni dal Processo di Norimberga

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LECCE (di Filippo Nuzzoli)Il 20 novembre 2020 ricorre il 75° anniversario dell’inizio del Processo di Norimberga, che durò circa un anno. Qui furono condannati i generali e alti ufficiali appartenenti all’esercito nazista.

Segretario del partito nazista fino al 1941, colpevole di cospirazione per commettere crimini contro la pace e per avere pianificato guerre, condannato all’ergastolo (era prigioniero degli Alleati dal 1941).
(Keystone/Getty Images)

Nel 1943 i capi di stato, Roosevelt, Churchill e Stalin, che combattevano contro Hitler, sottoscrissero la Dichiarazione di Mosca che affermava:

“Il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America e l’Unione delle repubbliche Socialiste Sovietiche hanno ricevuto da numerose fonti le prove delle atrocità, dei massacri e delle esecuzioni in massa commessi a sangue freddo dagli eserciti hitleriani in un gran numero di paesi da essi invasi. Le suddette tre potenze alleate, parlando a nome di trentatré Stati aderenti alle Nazioni Unite, e nel loro interesse, proclamano solennemente e rendono pubblico che nel momento in cui sarà concesso l’armistizio a un governo tedesco, qualunque esso sia, gli ufficiali e i soldati tedeschi, e i membri del partito nazista, responsabili o complici delle atrocità e dei massacri e delle esecuzioni di cui si è parlato, saranno consegnati ai paesi in cui hanno commesso i loro abominevoli atti, per essere giudicati e puniti secondo le leggi di quelle nazioni liberate e dei liberi governi che lì si saranno formati”.

Gli atti per cui erano chiamati a rispondere i gerarchi tedeschi erano incentratati sull’articolo 6 dello statuto del tribunale militare di Norimberga, che prevedeva 3 capi di accusa:

  • I crimini di guerra (violazione delle leggi e degli usi di guerra, assassinii e maltrattamenti di civili o di prigionieri, deportazione di popolazione civile, esecuzione di ostaggi, saccheggio di beni pubblici e privati, devastazioni non motivate da esigenze militari);
  •         I crimini contro la pace (direzione, preparazione, scatenamento o prosecuzione di una guerra di aggressione);
  • I crimini contro l’umanità (sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione, atrocità commesse su larga scala ai danni di civili durante la guerra o prima).

Il processo di Norimberga fu un evento che scosse profondamente la coscienza dei tedeschi. Molti tedeschi sentirono per la prima volta da una fonte ufficiale i racconti delle terribili crudeltà che erano state commesse in nome della Germania e in nome della cosiddetta “razza ariana”. Altri sentirono solo la conferma di quello che si sapeva già, o almeno si era intuito da molto tempo. Per molti fu comunque uno choc che provocò una vergogna profonda e che avrebbe lasciato, nella coscienza collettiva dei tedeschi, dei profondi segni percepibili ancora oggi. Il modo più efficace di scrollarsi di dosso la responsabilità per quello che era successo durante il nazismo fu per molti affermare di non avere visto, sentito e saputo niente dei crimini dei nazisti. Solo a partire dai decenni successivi è iniziata in Germania una rielaborazione collettiva del nazismo, non sempre facile, per molti dolorosa, che dura ancora ai giorni nostri, con gesti piccoli, ma di grande importanza sociale. Come ad esempio è avvenuto nella commemorazione del 2018 dell’eccidio di Marzabotto: alla cerimonia ufficiale hanno partecipato i ministri degli esteri sia italiano che tedesco. Quest’ultimo, Heiko Maas, ha affermato di provare “grande dolore e vergogna”. Oppure come la vicenda di uno dei tre soldati tedeschi che assistettero alla strage di Capistrello, vicino Avezzano in Marsica, in cui, insieme ad altre 32 persone, fu ucciso anche un ragazzo. Il soldato tedesco, una volta rientrato in patria, si è fatto prete per il rimorso e poi è tornato ad Avezzano per chiedere scusa di quanto accaduto.

Questi due episodi, come tanti altri, testimoniano che il percorso di riappacificazione dei tedeschi, prima di tutto con se stessi, non è ancora terminato.