L’Istituto Comprensivo Polo1, si costituisce nell’anno scolastico 2000/2001 ed è situato nel territorio di Squinzano.
Esso è composto da tre plessi:
- la Scuola dell’Infanzia “Sant’Elia”, istituita negli anni ’90, attualmente conta n° 4 sezioni e 94 alunni;
- la storica Scuola Primaria “E. De Amicis”, istituita negli ’30, attualmente conta n° 17 classi e 359 alunni;
- la Scuola Secondaria di Primo Grado “G. Carducci”, istituita negli anni ’60, conta attualmente n °11 classi e 259 alunni.
L’Istituto Comprensivo Polo 1 è stato retto dal Dirigente Prof. Giuseppe Chimienti dall’anno scolastico 2000/2001 al 2003/2004. Dal 2004 al 2007/2008 è retta dal Dirigente Prof. Spedito Antonio Miglietta, dall’anno scolastico 2008/2009 dal Dirigente Scolastico Dott. Cosimo Rollo.
L’Istituto Comprensivo Polo 1 si riconosce nel motto “LA MEMORIA…FORZA DEL NOSTRO DOMANI” e ricerca nelle sue radici la propria identità culturale.
La riscoperta del patrimonio storico e locale e la valorizzazione dei suoi potenzialità ai fini della formazione del futuro cittadino del “villaggio globale” costituiscono la linea di coerenza per tutte le attività che l’Istituto si impegna a realizzare.
Una scuola dinamica, flessibile, inclusiva, democratica, che valorizza le diversità e interagisce attivamente con il territorio; che si propone come ambiente in cui ogni alunno possa crescere, elaborare la sua identità ed acquisire strumenti per “leggere” il mondo e per “agire” in modo responsabile e autonomo nel rispetto delle regole.
Squinzano
Città d’arte e cultura, Squinzano sorge nel nord Salento, al limite delle province di Lecce e Brindisi.
La popolazione raggiunge 15622 abitanti, di cui 7390 maschi e 8232 femmine ( dato relativo al 31/10/2000).
La maggior parte della popolazione risiede nei complessi popolari e residenziali situati in zone periferiche. Il centro storico, ricco di costruzioni risalenti ad epoche diverse non è densamente abitato ed utilizzato soprattutto per l’ubicazione di uffici ed attività commerciali.
L’economia del Paese è storicamente e prevalentemente agricola e artigianale. Negli ultimi decenni le attività tradizionali sono state gradualmente abbandonate per riversare le aspirazioni lavorative nel settore terziario e nel commercio. Il grado di scolarizzazione è andato crescendo e la prosecuzioni agli studi, anche a livello universitario, è risultata una scelta obbligata per accedere a professionalità qualificate nel mondo del lavoro.
Poiché il tessuto economico non si è evoluto di pari passo al crescere del grado di scolarizzazione, è aumentato il fenomeno della disoccupazione, al quale si è tentato di far fonte adattandosi a lavori saltuari e provvisori in attesa del posto “fisso” o cercando lavoro nelle regioni più industrializzate del nord.
Negli ultimi anni si sta assistendo alla nascita di attività o ditte specializzate in lavori artigianali, agricoli o dei servizi.
La scuola ieri
La scuola era frequentata soprattutto dai figli di persone benestanti, degli artigiani, ma poco dai figli dei contadini perché, date le loro condizioni di miseria, questi dovevano aiutare i genitori nei lavori dei campi e le ragazze occuparsi della casa e dei fratelli minori. Sono pochissime, infatti, le persone intervistate che hanno frequentato gli studi superiori, per accedere ai quali si doveva superare un esame di ammissione che si sosteneva a Lecce, a prezzo di grandi sacrifici economici. Alcuni hanno frequentato soltanto la seconda la seconda o la terza elementare, altri anche la quinta classe. Le classi erano numerose, di circa 30 alunni, erano femminili, maschili e miste.
Il ciclo di studi della scuola elementare iniziava a sette anni,comprendeva gli studi di grado inferiore, ovvero la prima,seconda,e terza classe; di grado superiore, cioè quarta e quinta classe. Sulla pagella, oltre ai voti delle materie e alle notizie anagrafiche dell’alunno, si specificava anche il numero della tessera d’iscrizione all’Opera Balilla.
Le aule erano sparse per il paese,in via San Francesco d’Assisi, largo San Nicola, poiché solo nel 1935 fu ultimato l’attuale edificio della scuola elementare “E. De Amicis”. I servizi igienici erano inesistenti ed i metodi di insegnamento molto severi e per nulla personalizzati. Si ricevevano, infatti, dall’unico maestro/a frustate e colpi di riga anche su consiglio dei genitori che autorizzavano, anzi incoraggiavano, a picchiare i propri figli in caso di cattivo rendimento o indisciplina. Non era previsto nessun intervento compensativo per i ragazzi con difficoltà di apprendimento. A volte le maestre consideravano le proprie alunne come cameriere. I grembiuli erano neri per i ragazzi e bianchi per le ragazze.
Vi era un testo unico per tutte le materie che, insieme ai quaderni e i “pennini”, si metteva nella cartella di cartone, “TE CARTUNE”, quelle dei “figli di papà”, cioè dei benestanti. Per tutti gli altri, era di stoffa, ” TE PEZZA”. Si studiavano molte materie: religione, canto, disegno e bella scrittura, lettura espressiva e recitazione, ortografia, lettura ed esercizi scritti di lingua, aritmetica e contabilità, nozioni varie e cultura fascista.
Ricordo che….
…A scuola, la maestra, arrivava sempre puntuale, con passo spedito e con una borsa di cuoio, che conteneva i nostri compiti, che aveva corretto in casa la sera prima o gli appunti che aveva elaborato per noi. Detti appunti durante le ore di lezione, li scriveva alla lavagna. Noi alunni dovevamo copiarli per poi impararli a casa. Usava poco i libri di testo, perché non tutti potevano comprarli e quindi usarli. I diari non avevano fatto la loro comparsa nelle nostre cartelle di cartone e neppure le penne a “biro” e quelle a “scatto” che scrivevano in tre o più colori. Per scrivere, sui banchi c’era il calamaio che il bidello aveva cura di riempire di inchiostro nero o blu, la mattina, prima dell’inizio della lezione. Si usavano “pennini” che si applicavano all’asticciola di legno, alcune delle quali colorate di bianco, rosso o verde, come la bandiera nazionale. All’epoca nelle scuole, in ogni angolo, si respirava l’idea di patria: si disegnava sulla lavagna e sui quaderni la bandiera tricolore e si imparavano a memoria l’inno nazionale e canti risorgimentali. Con gli stessi pennini, quando erano nuovi, si giocava agli angoli delle vie adiacenti all’edificio scolastico, badando bene a non farsi scoprire dal maestro che poteva arrivare da un momento all’altro. I bidelli collaboravano con gli insegnanti nell’educazione degli alunni, anche in queste piccole cose.
(S. Sisinni)
…mi chiamo Pasqualina, ho 77 anni e ho frequentato fino alla 5^ elementare. A scuola si andava mattina e sera. Le classi erano miste. Le materie erano: bella scrittura, ginnastica, italiano, matematica, canto, disegno, lettura espressiva, scienze, nozioni di diritto, lavori manuali. A scuola si portava il pennino, quaderno e libri. I rapporti con gli insegnanti erano molto severi. Andavamo vestiti con grembiuli bianchi. Non tutti potevano permettersi la scuola. Si usavano, anche, i registri. I giudizi erano come quelli usati fino ad epoca recente, prima della Riforma Gelmini (buono, sufficiente, lodevole…). La scuola non era obbligatoria. Non si facevano gite, qualche volta si andava in campagna. La scuola era quasi sempre un appartamento in affitto. Si praticavano attività sportive, ci facevano vestire da “balille” (piccoli italiani)