Da eroi a criminali

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LECCE (di Valentina Anglani) È dal 2016 che 5 giovani di Torino: Jacopo Bindi, Davide Grasso, Fabrizio Maniero, Paolo Andolina e Maria Edgarda Marcucci, hanno aiutato i Curdi nella lotta partigiana contro Daesh. Già precedentemente in Italia erano impegnati attivamente nel movimento No Tav, hanno deciso di andare in Medio Oriente, per contribuire alla lotta contro lo Stato Islamico, spinti dalla rabbia accumulata a causa di tutto il terrore che avevano seminato in Europa.

Tre di questi ragazzi hanno combattuto nelle Ypg, l’Unità di Protezione Popolare, costituita prevalentemente da Curdi, presente nel Nord della Siria dal 2004, ma che partecipa per la prima volta alla guerra civile nel 2012. Jacopo Bindi invece non combatteva con le armi, ma con la conoscenza: lavorava nell’ “Information Center Afrin Resistance”, come corrispondente per l’Italia, come unico mezzo per far conoscere attraverso foto e parole, ciò che stava accadendo. L’unica ragazza del gruppo invece ha combattuto con l’ Ypj, Unità di Protezione delle Donne, fondata nel 2013, che lotta per la parità di genere e l’anticapitalismo. Queste donne, dopo aver accumulato violenze e ingiustizie, riescono a mandare un appello ai media internazionali in seguito al massacro ISIS nel 2014.

È per questo che tornati in Italia sono stati considerati un “pericolo sociale”. La procura di Torino la considera una misura preventiva che consiste nell’espulsione da Torino per due anni, il sequestro di patente e passaporto, l’obbligo di firma e dimora e il divieto di svolgere alcuna attività sociale e politica. Il problema sarebbe la loro competenza nell’uso delle armi che, secondo l’accusa, potrebbe ripercuotersi in altri contesti. Questo è solo uno dei tanti eventi dei quali non si è più sentito parlare, rendendo così possibile una decisione lontana da critiche e ribellioni e in questo modo il coraggio e l’impegno civile dei giovani viene tramutato in un crimine.