Pandemie: tra passato e presente

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LECCE (di Sofia Martella) – Il 2020 si è presentato a tutti noi in maniera drammatica. Siamo stati travolti inaspettatamente da una pandemia, il cui protagonista è un virus appartenente alla grande famiglia dei coronavirus: il COVID-19. Il loro nome deriva dalla particolare struttura morfologica, simile a quella di una corona. Questi virus causano infiammazioni che possono sfociare in una grave polmonite interstiziale. Si pensa che tutto sia nato da un pipistrello affetto da questo virus. In Cina si è soliti mangiare animali zoonotici come serpenti, pipistrelli, ratti, ricci nei quali dopo una mutazione compare il coronavirus. Molto probabilmente questo pipistrello infetto si trovava in un mercato a Wuhan, in Cina, e tramite questo è avvenuto il contagio con l’uomo.

Non è la prima volta che il mondo si trova a combattere malattie di questo genere. Molti storici e letterati del passato hanno parlato di tali problematiche, da Tucidide a Lucrezio, interessandosi in particolar modo della peste, che causò numeri elevatissimi di vittime, nel corso dei secoli passati.

Il primo a descriverla fu lo storico Tucidide in un’ampia sezione delle sue “Storie”, in cui  racconta dell’irruzione della peste nell’Attica durante la guerra del Peloponneso. Lo storico la descrive in toni solenni, presentando le conseguenze che ebbe sulla società ateniese: molti morirono in solitudine, abbandonati dai famigliari e dagli amici, poiché intimoriti dal contagio. Anche le regole della vita civile iniziarono ad essere sovvertite, addirittura le salme dei cadaveri furono ammucchiate nei santuari, private di una degna sepoltura, violando così le leggi divine e umane. Regnava dunque l’ἀνομία (“assenza di regole”), uno scompiglio generale che provocò disordine e anarchia nella vita quotidiana, accrescendo tra gli uomini il desiderio di appagare il piacere egoistico, a scapito di qualsiasi impegno finalizzato al bene comune.

Nella letteratura greca, tuttavia, la prima testimonianza riguardante la peste è contenuta nell’Iliade. Nel poema la peste fu provocata dall’ira di Apollo, perché Agamennone si era rifiutato di restituire Criseide al padre Crise, sacerdote del Dio. Ciò suscitò l’ira di Achille che portò allo scontro con Agamennone e il ritiro dell’eroe greco dal combattimento, con la conseguente morte di milioni di vittime.

A Roma, invece, la peste trova spazio nel poema “De rerum natura” di Lucrezio, in cui il poeta parla della peste di Atene, descrivendone i sintomi e la progressiva evoluzione, per evidenziare come le cause del male siano da ricercare in spiegazioni di ordine fisico e razionale, dissipando così stupide superstizioni che le interpretavano come un castigo divino.

Di estrema rilevanza nella storia fu anche la peste nera. Originatasi nelle steppe centro-asiatiche intorno al 1333, colpì in primis la Cina, per poi penetrare in Medio Oriente, fino a Costantinopoli e raggiungere il Mediterraneo e poi l’Europa settentrionale. Tra il 1347 e il 1351 la peste ebbe il suo culmine e uccise un terzo degli abitanti in Europa. Raccontò di questa epidemia anche Giovanni Boccaccio ne “Il Decamerone”. L’impatto della peste non si manifestò solo nel numero di vittime, ma ebbe ripercussioni anche psicologiche, economiche e culturali, con importanti conseguenze nei rapporti sociali e famigliari. In questo contesto iniziò la caccia ai “colpevoli” di tale diffusione e l’accusa ricadde soprattutto su coloro che appartenevano a classi sociali più regredite e povere, quindi emarginati, ebrei. Si accentuò poi la carenza di manodopera, incrementando così l’ottimizzazione delle condizioni lavorative e i salari di contadini, artigiani e operai. In seguito a questa prima ondata di epidemia, la peste si ripresentò per tutta la seconda metà del Trecento, e nelle ultime fasi della sua permanenza colpì l’Italia settentrionale fra il 1629 e il 1633, e proprio quest’ultima diffusione fu raccontata nel celebre romanzo de “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, nel quale, anche in questo caso, vennero identificati degli artefici del contagio: i cosiddetti “Untori”, incolpati di aver aumentato il trend del contagio ungendo, con un unguenti infetti, ogni superficie e persona con cui avevano a che fare.

La peste provocò diversi problemi sia a livello sociale che economico. Dal punto di vista sociale, il timore di essere contagiati portò ad isolarsi da parenti e amici, lasciandoli morire da soli. Per lo più ci furono parecchi casi di corruzione, in quanto chi aveva a disposizione ingenti somme di denaro cercava di evitare la quarantena, uscendo dalla città isolata. Chi invece non aveva in mano queste grandi somme di denaro, senza né ritegno né rispetto, derubava i beni dei morti o dei malati. In molti, poi, identificarono la presenza dell’epidemia come conseguenza di una punizione divina e organizzarono delle processioni che prevedevano il flagellamento della carne, come atto purificatore.

Dal punto di vista economico, invece, si verificò l’interruzione dei nuovi dissodamenti e di conseguenza l’abbandono delle terre. La crisi provocò ancora il decremento dei commerci e il crollo delle banche italiane. La crisi economica favorì le rivolte dei contadini causate dal divieto al libero sfruttamento delle terre d’uso comune e dall’aumento del carico fiscale. Infatti la crisi economica aveva indotto i proprietari ad aumentare i tributi dei contadini. Ciò però provocò una serie di tumulti, che sfociarono in saccheggi, incendi, assalti ai castelli e chiese e assassinii.

Oggi, travolti dall’ondata del COVID-19, ci ritroviamo di fronte a problematiche sociali ed economiche di rilevante gravità. Sociali perché tutti noi siamo stati privati delle nostre normali abitudini quotidiane, non possiamo più uscire di casa, avere rapporti ravvicinati con i nostri cari, frequentare scuole, palestre, negozi; non ci si può recare dal medico se non si tratta di patologie gravi. Tutto ciò ha anche ripercussioni sul piano economico, in quanto soltanto le industrie che producono beni primari sono aperte, a discapito di tante altre, che invece sono costrette a chiudere. Medici e infermieri , esposti ad altissimo rischio, si stanno prodigando in tutti modi per sconfiggere questo terribile virus che ha già causato un preoccupante calo demografico. Anche noi studenti ci troviamo abbastanza coinvolti in tale situazione, infatti tutte le scuole d’Italia si sono impegnate a proseguire il normale svolgimento delle lezioni tramite piattaforme online che consentono di attuare delle conference call tra docenti e alunni.

Tutto il mondo è come se si trovasse in una guerra con un nemico invisibile. È pertanto giusto che ognuno faccia la sua parte, impegnandosi a rispettare le norme e i decreti emanati dal governo. Che i fatti del passato, dunque, ci servano da lezione per evitare di compiere errori simili, così da uscire sani e salvi, ma soprattutto rinnovati, dalla “trincea”.