“May you live in interesting times”: quando è l’arte a porre le domande

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LECCE – (di Giorgia Giustizieri) – Aperta al pubblico da sabato 11 maggio a domenica 24 novembre 2019, si avvicina ormai la conclusione della 58esima edizione della Biennale di Venezia, May you live in interesting times, esposizione internazionale d’arte, quest’anno curata da Ralph Rugoff. La mostra vanta ben 84 partecipazioni nazionali, divise fra i Padiglioni nei Giardini, l’Arsenale e il centro storico veneziano.

Come dichiarato dal presidente della mostra, Paolo Barratta, in tempi in cui prevale un eccesso di semplificazione, generato da conformismo o da paura, il titolo di quest’anno appare come un invito a considerare sempre il corso degli eventi umani nella loro complessità. May you live in interesting times si allinea perfettamente, infatti, ad una mostra d’arte nella quale gli artisti sfidano tutte le inclinazioni della sovrasemplificazione, concentrandosi sugli aspetti precari della vita quotidiana.

Pur riconoscendo l’impossibilità dell’arte di influenzare in maniera decisiva lo scenario politico contemporaneo, i 79 artisti invitati da Rugoff ad esporre le proprie opere colpiscono lo spettatore con importanti spunti di riflessione, dalla xenofobia alla misoginia, dalle problematiche sociali ai lati più oscuri dell’animo umano.

Viviamo in un’epoca in cui ogni cosa è veramente connessa e la complessità regna sovrana” – ha affermato Rugoff – e per questo non sono interessato ad opere legate ad un unico punto di vista, bensì capaci di porre al pubblico domande sul tempo delle fake news, dove molte scelte politiche importanti vengono operate sull’onda dell’emotività e non della ragione”.

Dalle composizioni digitali di Avery Singer, all’americano Arthur Jafa, vincitore del Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale; dal collettivo canadese “Isuma”, volto a preservare la cultura Inuit, ai Miracle Workers finlandesi, che interpretano il miracolo come veicolo poetico da cui espandere percezioni ed esperienze. Non esiste un tema unico, ma solo opere ed artisti unici nel proprio genere.

È con questi presupposti che l’edizione del 2019 si prospetta come una delle più interessanti biennali del XXI secolo, proponendo al pubblico un’arte completamente immersa nel quotidiano, un’arte che sta addosso allo spettatore, tanto da non consentirgli alcuna forma di evasione dalla realtà: non sono ammesse vie di fuga. Ciascuna opera è lì a porre degli interrogativi, a seminare dubbi, a costringere alla riflessione il fine è quello di scuotere le coscienze.

E mentre pare diffondersi sempre di più l’idea di una gioventù lontana dal mondo dell’arte e della cultura, inequivocabilmente le statistiche indicano invece che più della metà dei visitatori (oltre 615.000) sono giovani sotto i 26 anni. Un dato che ci regala quindi non solo un sorriso, ma anche la dimostrazione che i ragazzi di oggi riescono ancora a spegnere i cellulari ed a meravigliarsi davanti ad un’opera d’arte.